Parere Penale Tributario

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Papers

  1. DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 2D.LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

1.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 2del D.Lgs.vo  74/2000 (hinc “il Decreto”) punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali][1]relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”.

1.2. Condotta. La condotta incriminata consiste nell’indicare in una delle dichiarazioni sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi e nel contemporaneo avvalersi di fatture o di altri elementi per operazioni inesistenti. La struttura della fattispecie in esame si articola in tre momenti distinti. Il primo momento si caratterizza per l’attività di procurarsi fatture o altri documenti emessi da altri soggetti con cui questi ultimi attestino costi mai sostenuti[2]. Il secondo momento consiste nella detenzione o contabilizzazione delle fatture e dei documenti. Il terzo momento consiste nella presentazione di una dichiarazione annuale sui redditi o sul valore aggiunto nella quale vengono indicati i costi riferibili alle fatture e ai documenti.

L’indicazione di elementi passivi fittizi si realizza sia nel caso in cui gli elementi considerati nella dichiarazione si riferiscano a fatture per operazioni interamente inesistenti o parzialmente inesistenti, sia nel caso della cosiddetta sovrafatturazione, cioè quando la fattura o gli altri documenti indichino costi effettivamente sopportati ma in misura inferiore a quelli dichiarati.

1.3 Bene giuridico presidiato dalla norma è la salvaguardia della funzione di accertamento propria dell’Amministrazione Finanziaria. Non può tacersi tuttavia come il concreto interesse dell’Erario al corretto adempimento dell’obbligazione tributaria, costituisca a propria volta l’oggetto di tutela mediata della norma in commento[3].

1.4 Soggetti attivi della condotta incriminata sono coloro i quali sono obbligati dalla legge tributaria[4] a presentare le dichiarazioni annuali ai fini dei redditi o ai fini dell’Iva. Si tratta di reato proprio.

1.5 Coefficiente psichico del delitto è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto[5].

1.6Il momento consumativo del delitto in esame coincide con la presentazione di una dichiarazione ai fini dei redditi o del valore aggiunto. Si tratta di un reato istantaneo.

 

2.DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE ALTRI ARTIFICIEX ART. 3D.LGS.VO. 10.3.2000, N. 74

2.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 3del Decreto punisce, fuori dai casi previsti dall’articolo 2, con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque“al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando congiuntamente : 1) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila ; 2) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore  a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila”.

2.2. Condotta. La fattispecie in esame rappresenta, senza dubbio, la disposizione maggiormente riformata dal D.lgs.vo n. 158/2015[6]. Il nuovo articolo tre abbandona la tradizionale struttura trifasica[7]: 1) falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie; 2) utilizzo di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsità; 3) indicazione, nella dichiarazione dei redditi o ai fini iva, di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi.

Il nuovo impianto contiene le seguenti novità : 1) è eliminata la prima fase delle tre indicate, rendendo non più necessario l’elemento della falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie, con ciò aumentando i potenziali soggetti attivi del reato; 2) la condotta materiale consiste nel compimento di operazioni simulate, oggettivamente o soggettivamente, ovvero dell’avvalersi di documenti falsi o altri documenti fraudolenti, idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria; 3) viene alzata (da un milione di euro) a un milione e cinquecentomila euro la soglia relativa all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione e viene introdotta una soglia alternativa rapportata all’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie ; 4) è introdotto  un nuovo comma 2 con cui si precisa che “il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”, e un nuovo comma 3 secondo cui “ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.”.

La fattispecie in esame prevede un’ipotesi di frode fiscale residuale rispetto al delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’articolo 2, come specifica la clausola di riserva in apertura della disposizione. La fraudolenza e l’idoneità ingannatoria della condotta devono concretizzarsi, infatti,  non tramite fatture false, ma attraversole seguenti tre tipologie di condotte ipotizzate dal legislatore : 1) il compimento di operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ; 2) l’avvalersi di documenti falsi; 3) l’avvalersi di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria. E’ sufficiente il compimento di una sola condotta e la dichiarazione mendace per la configurabilità del delitto in esame.

2.3 Bene giuridico. Un primo orientamento ritiene che l’interesse tutelato dalla norma in esame sia da individuarsi nella percezione dei tributi[8]. Secondo una diversa opzione ermeneutica il bene tutelato  sarebbe riconducibile alla funzione di controllo dell’Amministrazione Finanziaria. Infine deve darsi conto di una ulteriore ricostruzione che vede un duplice bene tutelato : la percezione dei tributi e l’affidamento dell’Amministrazione Finanziaria ad una dichiarazione corretta e veritiera della realtà reddituale.

2.4 Soggetti attivi. Nonostante l’uso del pronome “chiunque”, si tendevaa ritenere che la formulazione in vigore sino al 2015 configurasse un reato proprio richiedendo che il soggetto attivo fosse chi era obbligato alla tenuta delle scritture contabili, e ciò in quanto per la commissione del reato era necessario che l’artificio si sviluppasse, tra l’altro, in una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie. Ai sensi della nuova formula, invece, il delitto dovrebbe ascriversi a qualunque soggetto tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi o ai fini Iva[9].

2.4 Coefficiente psichico del delitto è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

2.5. Il momento consumativo coincide con la presentazione della dichiarazione mendace.

  1. DICHIARAZIONE INFEDELE EX ART. 4D.LGS.VO. 10 MARZO 2000, N. 74

3.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 4 del Decreto punisce, fuori dai casi previsti dagli articoli 2 e 3,con la reclusione da uno a tre anni chiunque“ al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indica, in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando congiuntamente :a)l’imposta evasa è superiore, con riferimento a talune delle singole imposte, ad euro centocinquantamila; b)l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni”.

3.2. Condotta. Il delitto di dichiarazione infedele si configura quando il contribuente presenta all’Amministrazione Finanziaria una dichiarazione annuale mendace relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto indicando elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ovvero elementi passivi inesistenti, al fine di conseguire un evasione d’imposta; a tale condotta deve seguire il superamento di soglie di punibilità i cui importi sono stati modificati dalla novella legislativa del 2015. La soglia di punibilità viene elevata da 50.000 a 150.000 euro, e da due a tre milioni di euro la soglia del valore degli elementi attivi sottratti all’imposizione. La condotta tipica non richiede alcun connotato di fraudolenza, cosi come esplicato nella clausola di riserva “ fuori dai casi di cui agli articoli 2 e 3”; la norma in esame ha quindi un valore residuale e di chiusura e si contraddistingue per una minore insidiosità rispetto a quelle caratterizzate da frode.

Il D.lgs n. 158/2015 ha inoltre emendato la norma in esame aggiungendo i nuovi commi 1 bis e 1 ter secondo i quali :  1bis : “ ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali; 1ter: “ fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

Ulteriore novità è la sostituzione della locuzione “elementi passivi fittizi” con “elementi passivi inesistenti”. Modifica terminologica che evidenzia l’intenzione legislativa di sottrarre appigli normativi ai sostenitori della rilevanza penale dell’elusione fiscale. Tesi che trovava linfa proprio nella possibile interpretazione del concetto di “fittizietà” come “indeducibilità”, sostenendo che elementi passivi fittizi non sarebbero solo quelli inesistenti ma anche quelli indeducibili ai sensi della disciplina tributaria di tal che sarebbe possibile ritenere integrato il reato di dichiarazione infedele ex art.4 anche laddove il contribuente abbia indicato elementi passivi, formalmente esistenti, ma risultanti da condotte elusive inopponibili all’amministrazione finanziaria.

3.3 Bene giuridico tutelato dalla norma è da individuarsi nell’esigenza dell’Erario all’integrale e puntuale percezione dei tributi;  oltre a tale bene giuridico finale, vi è chi ritiene che la norma si ponga in via intermedia anche a tutela della trasparenza fiscale[10].

3.4 Soggetti attivi del delitto sono coloro i quali sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale sui redditi o sul valore aggiunto. Trattasi di reato proprio.

3.5 Coefficiente psichico. Dalla lettera della norma sembrerebbe emergere un tipo di dolo specifico allorché si dovrà esigere che il soggetto agente ponga in essere la condotta tipica avendo di mira l’evasione di imposta, pur non essendo essenziale, per la consumazione del delitto, che tale evasione sia stata poi di fatto realizzata ; tale visione del dolo è coerente con la qualificazione delle soglie di punibilità come condizioni obiettive di punibilità. Ove però alle soglie si attribuisca la qualifica di elementi costitutivi del reato, l’oggetto del dolo dovrebbe comprendere anche il loro superamento, per cui l’evasione che comporti tale superamento, dovrebbe sia rientrare nell’oggetto del dolo che, contestualmente, anche costituire lo scopo dell’azione il quale peraltro non necessariamente deve raggiungersi. Alla luce di questa seconda esegesi il dolo dovrebbe qualificarsi come generico[11].

3.6. Il momento consumativo coincide con la presentazione della dichiarazione mendace.

4.OMESSA DICHIARAZIONE EX ART. 5D.LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

4.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 5del D.Lgs. 74/2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque“  al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.  Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.

4.2 Condotta. L’articolo 5,che costituisce l’ultima fattispecie delittuosa tra quelle in materia di dichiarazioni, sanziona le condotte costituite dall’omettere la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nonché quella del sostituto d’imposta, allorché si superino le soglie di punibilità costituite da un’imposta evasa superiore ad euro 50.000 ovvero da un ammontare delle ritenute non versate sempre superiore a 50.000 euro.La riforma del 2015  è intervenuta elevando la precedente soglia di 30.000 euro, aggravando il trattamento sanzionatorio, e introducendo il comma 1 bis che punisce l’omessa dichiarazione di sostituto d’imposta, c.d.“modello 770”.

Il superamento anche soltanto di una delle due soglie perfeziona il reato, derivandone altre due conseguenze : 1) ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto non è possibile sommare il quantum dell’evasione delle imposte sui redditi con quello dell’Iva; 2) ove l’ammontare di ciascuna categoria di imposta evasa superi la soglia di punibilità, si configurerà un concorso formale di reati.

L’omessa presentazione della dichiarazione è una fattispecie omissiva propria.

4.3 Bene giuridico presidiato dalla norma in esame è costituito dalla integrale e tempestiva percezione del tributo da parte dell’Erario[12].

4.4 Soggetti attivi sono gli obbligati alla presentazione delle dichiarazioni secondo la normativa tributaria.

4.5 Coefficiente psichico. L’elemento soggettivo qualificante la fattispecie delittuosa in esame è costituito dal fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. In realtà la qualificazione delle soglie di punibilità in termini di elementi costitutivi del reato ovvero di condizioni obiettive di punibilità ha diretta incidenza sull’individuazione della forma di dolo propria del reato in esame, il quale, secondo la lettera della norma, pare essere costituito da dolo specifico. La qualificazione delle soglie di punibilità come elementi costitutivi del reato comporta,però, che l’oggetto del dolo dovrebbe comprendere anche il loro superamento prospettandosi in tal guisa un dolo solo generico.

4.6  Il momento consumativo. Il delitto in esame ha natura istantanea, perfezionandosi tuttavia non nel momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione bensì, in ragione del disposto dell’art. 5 comma 2, allo spirare di ulteriori novanta giorni da codesta scadenza, momento quest’ultimo che costituisce il dies a quo dal quale inizia a decorrere la prescrizione del reato.

  1. EMISSIONE DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTIEX ART. 8D.LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

5.1. Fattispecie incriminatrice.L’art.8del Decreto puniscecon la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni  chiunque“ al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.”

5.2 Condotta. L’articolo 8 rappresenta la norma di apertura del Titolo II, Capo II del Decreto ove sono collocati “i delitti in materia di documenti e pagamento delle imposte”. La condotta consiste nell’emettere o rilasciare fatture, o documenti di analoga natura, relative ad operazioni inesistenti.  La nozione di emissione o rilascio appaiono equivalenti da un punto di vista penalistico. Il delitto è di natura commissiva, istantanea e di mera condotta.

5.3 Bene giuridico presidiato dalla norma in esame è l’interesse dello Stato al versamento delle imposte dirette e dell’Iva.

5.4 Soggetti attivi. La norma in esame è un reato comune potendo essere commesso da “ chiunque”, con la sola precisazione che appare necessario che l’emittente sia obbligato all’emissione di un documento fiscalmente rilevante.

 5.5 Coefficiente psichico. Il delitto è punito a titolo di dolo specifico agendo l’autore al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

5.6  Il momento consumativo. La condotta si perfeziona mediante la consegna o la spedizione a un terzo, potenziale utilizzatore, della documentazione fiscale. La consumazione, quindi, consegue non già al mero perfezionamento della fattura o del documento contabile, bensì a quello in cui essi escano dalla disponibilità dell’emittente e siano consegnati all’utilizzatore.

 

  1. OCCULTAMENTO O DISTRUZIONE DI DOCUMENTI CONTABILI EX ART. 10 D.LGS.VO. 2000, N. 74

6.1. Fattispecie incriminatrice. Il D.lgs.vo n. 158 del 2015 ha innalzato la pena prevista dalla fattispecie in esame da sei mesi a cinque anni a un anno e sei mesi a sei anni.L’art.10del Decreto punisce, infatti, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni  chiunque“ al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.

6.2 Condotta. La condotta tipica consiste nell’occultamento o nella distruzione in tutto o in parte delle scritture contabili e dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari. Per la configurabilità del delitto in esame non è sufficiente un semplice comportamento omissivo consistente nella mancata tenuta delle scritture contabili ma occorre che vi sia un occultamento o una distruzione, ossia una condotta eminentemente commissiva. L’occultamento consiste nel nascondere materialmente le scritture, la distruzione nell’eliminazione fisica totale o parziale delle stesse.

6.3 Bene giuridico tutelato in via strumentale dalla norma è l’interesse alla trasparenza fiscale del contribuente. Bene giuridico finale è costituito dalla tutela della pretesa impositiva dello Stato.

6.4 Soggetti attivi. La norma è indirizzata ai soggetti obbligati alla conservazione delle scritture contabili. Tuttavia trattasi di reato comune in quanto la condotta può essere determinata anche da un soggetto terzo.

6.5 Coefficiente psichico è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di consentire l’evasione a terzi.

6.6  Il momento consumativo. Il delitto in esame si perfeziona nel momento in cui, in conseguenza della distruzione o dell’occultamento della documentazione, diviene impossibile la ricostruzione dei redditi. Nel caso in cui il delitto si realizzi tramite distruzione la fattispecie sarebbe da qualificarsi quale reato istantaneo, al contrario qualora la condotta si verifichi tramite occultamento dei documenti si tratterebbe di reato permanente il cui momento consumativo sarebbe da rinvenirsi nel momento dell’accertamento fiscale.

 

  1. OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE DOVUTE OCERTIFICATE IN QUALITA’ DI SOSTITUTO D’IMPOSTA EX ART. 10 BIS D.LGS.VO. 10 MARZO 2000, N. 74[13]

7.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 10 bis[14]del Decreto ora punisce con la reclusione da sei mesi a due annichiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”. Nel testo precedente pre-riforma 2015 la soglia era di euro cinquantamila.

7.2. La condotta incriminata è costituita dal mancato compimento da parte del soggetto attivo dell’azione comandata: il versamento, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta prevista dall’art. 4, comma 4 bis, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (di seguito “D.P.R. 322/98”), delle ritenute effettuate e certificate.

La norma fa riferimento all’istituto della sostituzione tributaria che ricorre, ex art. 64, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (di seguito “D.P.R. 600/73”), ogniqualvolta un soggetto “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili o anche a titolo di acconto”; meccanismo previsto dal Legislatore nelle fattispecie di sostituzione d’imposta [15] è che “il sostituto, debitore di una somma costituente reddito per il percettore (cd. sostituito), deve prelevare una percentuale di essa (cd. ritenuta alla fonte) versandola all’Erario; il tutto, decurtando – cd. Rivalsa – direttamente da quanto dovuto al sostituito la somma da versare al Fisco” (R. LUPI, Diritto Tributario – Parte Generale, VII, Milano, 2000, p. 312).

7.2.1. Primo elemento costitutivo della condotta integrante la fattispecie incriminatrice in parola è rappresentato dall’intervenuto rilascio da parte del datore di lavoro della certificazione delle ritenute operate sulle retribuzioni dei dipendenti attestante “l’ammontare complessivo delle somme e dei valori corrisposti, delle ritenute operate, delle detrazioni d’imposta effettuate nonché dei contributi previdenziali e assistenziali”(art. 7 bis, D.P.R. 600/73) [16].

7.2.2. Secondo elemento di fattispecie è il mancato versamento delle ritenute certificate protratto oltre il termine previsto per la presentazione[17] della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta: tale termine è individuato [18]per i sostituti d’imposta che hanno corrisposto somme o valori soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi, per quel che qui interessa, dell’art. 23, D.P.R. 600/73 [19],nel 31 luglio dell’anno successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta [20] (dunque, ad esempio, il 31 luglio 2010 per le ritenute effettuate nell’anno 2009).

I versamenti dovuti in base alle ritenute operate negli anni 2004, 2005 e 2006, hanno quale termine, rispettivamente, il 31 marzo 2005, 2006 e 2007 [21] (la dichiarazione relativa alle ritenute 2006, ad esempio, deve essere stata versata all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo 2007).

7.2.3. Ultimo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice è il superamento della soglia di punibilità fissata dall’art. 10 bis del Decreto 74/2000 in € 50.000,00 prima del 22.10. 2015 ed in 150.000,00 dal termine prefato in poi; importo riferito a ciascun periodo d’imposta coincidente con l’anno solare in cui sono state operate le ritenute dichiarate.

La fattispecie delittuosa è un reato omissivo proprio consistente nel “mancato compimento dell’azione che si attendeva da un uomo […] prescritta dall’ordine giuridico” (ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, GIUFFRÈ, 1991, pag. 200) per la sussistenza del quale “non occorre il verificarsi di alcun evento materiale” (F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, CEDAM, 2007, pag. 129); si tratta, inoltre, di delitto a condotta vincolata in quanto “la legge descrive in modo particolareggiato l’attività (rectius, l’omissione) occorrente per la sua realizzazione” (ANTOLISEI, cit., pag. 237).

7.3 Bene giuridico presidiato dalla norma è “l’interesse dell’Erario alla percezione dei tributi” (G.L. SOANA, I reati tributari , Milano, GIUFFRE’, 2009, p. 282).

Soggetto attivo della condotta incriminata è il datore di lavoro deputato alla ritenuta sui redditi dei dipendenti ex art. 23, D.P.R. 600/73: società ed enti o associazioni ad esse assimilate, persone fisiche che esercitano imprese commerciali o agricole od arti e professioni, curatori fallimentari, commissari liquidatori, condomini.

L’obbligo del versamento delle imposte da parte di una società di capitali grava sugli amministratori della stessa ai sensi del combinato disposto degli artt. 2380 bis c.c.: “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori” e 2392 c.c.: “gli amministratori devono adempiere gli obblighi ad essi imposti dalla legge[22].

In caso di liquidazione della società, soggetto attivo del delitto dovrà ritenersi il liquidatore della stessa ove il debito erariale sia sorto successivamente alla messa in liquidazione. In caso di fallimento, a seguito della modifica legislativa dell’art. 23, primo comma, D.P.R. 600/73 [23], soggetto attivo sarà il curatore fallimentare[24].

7.4 Coefficiente psichico del delitto in discorso è integrato dal dolo generico (Cass. Pen., Sez. III, 7 febbraio 1997, in Giur. Imp., 1997, 836) che rende la fattispecie punibile anche a titolo di dolo eventuale (G.L. SOANA, cit., p. 292); nessuna rilevanza è riconosciuta al fine perseguito dall’agente, “per il quale non è richiesta neppure la volontà di appropriarsi delle ritenute” (Cass. Pen., Sez. III, 14 maggio 1996, in Giur. Imp., 1997, 491).

L’automatica sussunzione di responsabilità omissiva a carico dell’amministratore ovvero del membro del Consiglio di Amministrazione di società di grandi dimensioni per violazione del dovere di vigilanza contabile sarebbe affetta, tuttavia, soprattutto in presenza del conferimento di apposite deleghe in materia gestione contabile ad altri soggetti, da “confusione di piani tra i due momenti strutturali della responsabilità omissiva […] quella dell’individuazione della persona del garante e quella dell’accertamento della causalità omissiva[25]; “la mera violazione dell’obbligo di vigilanza, traducendosi in una figura generale di agevolazione colposa omissiva, non è riconosciuta dal nostro ordinamento che non ammette […]  il concorso colposo nel fatto altrui” (N. MAZZACUVA – E. AMATI, cit., p. 345; A. D’AVIRRO – E. DE MARTINO, La bancarotta fraudolenta impropria: reati societari e operazioni dolose, Milano, GIUFFRÉ, 2007, p. 22).

Del resto, la irrinunciabile necessità di riscontri positivi circa la consapevolezza in capo all’amministratore dell’altrui condotta trova solidi riscontri giurisprudenziali: “al fine di individuare sotto il profilo soggettivo una situazione di concorso di un determinato soggetto nel reato da altri posto in essere è necessario che colui che non commette la condotta tipica sia al corrente che questa viene realizzata da altri”; è ineludibile che “si proceda a verificare quale fosse, nella vicenda concreta e nel suo sviluppo, la consapevolezza in capo al [soggetto agente] nonché, al momento del suo agire, della situazione di fatto in cui operava; ciò onde stabilire se vi sia stata o meno cosciente e volontaria partecipazione del predetto ai reati […] ascrittigli” (Cass. Pen., Sez. V, 21 gennaio 2010, inedita).

La crisi di crisi di liquiditàtale da rendere impossibile il versamento delle ritenute effettuate può determinare l’esclusione del dolo : “ l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito d’imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere agli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto”(Cass. Pen. Sez. III, 8 aprile 2014, n. 20266, in Ced. Cass. Pen. Rv, 259190).

7.5. Inconfigurabile il tentativo;il delitto costituisce fattispecie di reato omissivo proprio - “sulla base della considerazione che in tali reati, o il termine entro il quale si deve adempiere è scaduto, e allora il reato è già consumato; oppure il termine non è ancora scaduto, ed allora il soggetto obbligato può ancora adempiere” (I. CARACCIOLI, E’ punibile il tentativo di omesso versamento delle ritenute?, in Il Fisco, 2006, n. 1, 1854) .

7.6. MOMENTO CONSUMATIVO E DIRITTO TRANSITORIO.L’illecito è integrato dal mancato versamento alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta : 31 marzo fino alla dichiarazione 2007 o 31 luglio a partire dalla dichiarazione 2008 [26]; in caso di successione nel tempo di più amministratori la responsabilità penale ex artt. 10 bis, D.Lgs.vo 74/2000 grava sul titolare dell’amministrazione alla data di scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale.

Come detto, il delitto era reintrodotto- dall’art. 1, comma 414, Legge 30 dicembre 2004, n. 311nel D.Lgs.vo 74/2000 - per colmare il vuoto conseguente all’abrogazione della normativa previgente [27]; essendo quindi la fattispecie entrata in vigore nel gennaio del 2005 trova applicazione soltanto a partire dagli omessi versamenti relativi a ritenute effettuate nel 2004 e non versate entro il 31 marzo 2005.

I mancati versamenti relativi ad anni precedenti al 2004 non sono punibili in quanto:

  • se omessi tra il 2000 ed il 2004, la fattispecie non era più prevista dalla legge come reato;
  • se precedenti al 2000, puniti da norma incriminatrice poi abrogata e, comunque, alla data del presente scritto prescritti (si veda postea).

7.8 L’assetto normativo sopra descritto è stato oggetto di revisione ad opera del D.Lgs.vo n. 158 del 24 settembre 2015 che ha attuato le previsioni contenute nell’art. 8 della Legge 11 marzo 2014, n. 23.Rispetto all’assetto previgente la nuova fattispecie di omesso versamento di ritenutecertificate,entrata in vigore dal 22 ottobre 2015, si caratterizza per l’aggiunta, anche nella rubrica dell’articolo, del riferimento alle ritenute dovute sulla base della dichiarazione.

La nuova formulazione della fattispecie de qua sanziona, quindi, l’omesso versamento non solo delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ma anche di quelle “dovute sulla base della stessa dichiarazione ”.

La prova della ritenuta potrebbe quindi ora prescindere dalle certificazioni rilasciate al sostituto, potendo in ipotesi bastare che essa risulti dalla dichiarazione.

La norma incriminatrice di omesso versamento di ritenute certificate si caratterizza, inoltre come detto, rispetto all’assetto previgente per l’innalzamento della soglia di punibilità che passa da euro 50.000 ad euro 150.000 per ciascun periodo di imposta.

  1. OMESSO VERSAMENTO DELL’IVA EX ARTT. TER,D.LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

8.1. FATTISPECIE INCRIMINATRICE. Il D.Lgs.vo. 24 settembre 2015 n. 158 ha modificato l’assetto normativo del delitto di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto. La normativa previgente era costruita facendo ricorso alla tecnica discutibile del rinvio al contenuto precettivo dell’art. 10 bis Decreto. La nuova fattispecie prevede invece espressamente che “ è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”.

8.2. CONDOTTA E COEFFICIENTE PSICHICO. Elementi costitutivi del delitto de quo sono:

8.2.1. mancato versamento dell’IVA dovuta all’Erario - nell’ammontare di euro 250.000 risultante dalla dichiarazione annuale presentata dal contribuente ex art. 8, D.P.R. 322/98 [28] - entro il 27 dicembre [29] dell’anno successivo a quello d’imposta di riferimento. La riforma del 2015 ha determinatola revisione della soglia di punibilità che è stata innalzata da euro 50.000 a euro 250.000.

8.2.3. Sotto il profilo del connotato soggettivo la fattispecie in discorso è integrata dal dolo generico, integrato dalla coscienza e volontà di omettere il versamento dell’imposta, nell’ammontare superiore alla soglia di punibilità, entro il termine stabilito dalla legge..

L’impossibilità di adempiere al pagamento dell’imposta a causa di una crisi aziendale  può determinare l’esclusione della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. I requisiti per poter addurre la mancanza di dolo sono esplicitati dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha sancito con più pronunce conformi che  “ai fini della dimostrazione dell’assenza di dolo, occorre la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare in presenza di una improvvisa crisi di liquidità quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili” (Cass. Pen. Sez. III, 8 aprile 2014 n. 37301 , Cass. Pen. Sez. III, 16 luglio 2015, n. 40352, in  Cass. Pen. Sez. III., 19 gennaio 2016, n. 9936, tutte reperibili in iusexplerer.it.)

Inconfigurabile il tentativo ex art. 56 c.p..

La fattispecie in parola è punibile anche a titolo di dolo eventuale che ricorre allorché il soggetto attivo, “pur non avendo quale obiettivo principale della sua condotta l’evasione dall’imposta, comunque si assuma il rischio - essendoselo rappresentato - che da essa derivi una tale eventualità. Si fa riferimento ai casi in cui, ad esempio, il mancato versamento avvenga per il superamento di temporanee crisi di liquidità dell’azienda o per la creazione di disponibilità finanziarie indebite” (G.L. SOANA, cit., p. 313).

8.2.4. La fattispecie de qua costituisce reato propriopotendo essere integrata unicamente da soggetto I.V.A. il quale abbia presentato una dichiarazione annuale con un saldo debitorio superiore a [1]50.000,00 euro” (A. ROSSI, Omesso versamento IVA ed indebita compensazione, in Il Fisco, 2006, n. 31, 4880).

Soggetto attivo del delitto è l’amministratore - alla data di scadenza del versamento dell’imposta - di impresa che eserciti taluna delle attività previste dagli artt. 2135 [30] e 2195 [31] c.c. ; si ritiene, tuttavia, configurabile, il concorso nella fattispecie incriminatrice di quel soggetto che, ancorché extraneus alla condotta, “sia a conoscenza della qualifica soggettiva dell’intraneus e volontariamente lo istighi o lo determini nel proposito criminoso ovvero ne realizzi la condotta attuando le sue direttive illecite[ovvero]laddove questi non agisca in concorso con il soggetto IVA […] venga da quest’ultimo incaricato del versamento delle somme dichiarate che, poi, ad insaputa dello stesso, non versi” (G.L. SOANA, cit., p. 306).

In caso di società fallita ovvero in liquidazione, soggetto attivo del delitto dovrà ritenersi il curatore fallimentare o il liquidatore della società. Si rimanda in ordine a tale aspetto a quanto riferito sub1.2.4.

8.2.5. Si ritiene come appaia “assolutamente irrilevante il fatto che la società non disponesse alla data prevista per il versamento dell’IVA […], della liquidità sufficiente a far fronte all’adempimento di tale obbligo, non potendosi configurare lo stato di insolvenza quale causa scriminante in materia di omesso versamento dei tributi erariali” (Cass. Pen., sez. III, 18 giugno 1999, CED Cass. Rv 215518).

8.3. MOMENTO CONSUMATIVO E DIRITTO TRANSITORIO.Il delitto de quo ha natura istantanea: il momento consumativo è individuato nel 27 dicembre dell’anno successivo a quello di maturazione del debito IVA nei confronti dello Stato, data ultima prevista dall’art. 10 ter D.Lgs.vo 74/2000 per il versamento, da parte del contribuente, delle somme impagate nella misura risultante dalla dichiarazione annuale presentata; alcuna rilevanza può, dunque, ai fini penali, esser riconosciuta a mancati versamenti periodici dovuti all’Erario ai sensi del Capo III del D.Lgs.vo 9 luglio 1997, n. 241 (di seguito “D.Lgs.vo 241/97”) [32] : la circolare n. 28/E, 4 agosto 2006, dell’Agenzia delle Entrate ha precisato come “il reato non è integrato da un qualsiasi ritardo nel versamento rispetto alle scadenze previste, ma è richiesto che l’omissione del versamento, dovuto in base alla dichiarazione annuale, si protragga sino al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento”.

La fattispecie, introdotta nel D.Lgs.vo 74/2000 dall’art. 1, comma 414, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, trova applicazione soltanto a partire dagli omessi versamenti relativi alle dichiarazioni IVA effettuate per l’anno 2005. Si rimanda ai rilievi sub7.3.che precede.

Gli omessi versamenti relativi ad anni precedenti il 2004 non risultano punibili per i medesimi motivi indicati sub 7.3..

  1. L’INDEBITA COMPENSAZIONE EX ART. 10 QUATER D. LGS. 10 MARZO 2000, N. 74

9.1. FATTISPECIE INCRIMINATRICE. L’art. 10 quater[33]del D. Lgs.vo 74/2000prima della riforma del 2015 puniva con la reclusione da sei mesi a due annichiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17, D. Lgs.vo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti”. La novella del 2015 non ha modificato la soglia di punibilità ma ha diversificato il trattamento sanzionatorio a seconda che l’indebita compensazione riguardi crediti non spettanti, nel qual caso la pena è rimasta da sei mesi a due anni di reclusione, o crediti inesistenti per i quali è prevista la pena alla reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

9.2. CONDOTTA E COEFFICIENTE PSICHICO.  La condotta incriminata presuppone il mancato versamento delle somme dovute, in sede di compilazione del modello F24, per la compensazione dei debiti, dovuti dal contribuente, con crediti.

Nucleo centrale della fattispecie ruota attorno alle espressioni di “crediti non spettanti” e di “crediti inesistenti”. Per credito inesistente deve intendersi il credito che sia totalmente disancorato dalla situazione fiscale del contribuente e non rileva se l’inesistenza sia o non sia supportata da documentazione ideologicamente ovvero materialmente falsa [34]. Anche se la formulazione legislativa risulta essere generica ed incerta, si può ritenere che, data la stretta correlazione con l’art. 10 ter, l’art. 10 quater incrimini le situazioni che riguardano il corretto adempimento degli obblighi di versamento, per cui il credito sarà penalmente apprezzabile quando sia radicalmente inventato o frutto di creazione estemporanea in sede di compilazione del modello F24.

La nozione di “credito non spettante” è di difficile inquadramento da un punto di vista tecnico -giuridico. Per dargli una collocazione occorre partire dall’art. 17 D.lgs.vo 241/1997 il quale elenca, in maniera tassativa, le ipotesi in cui è consentita la compensazione al contribuente. Fuori dai casi in cui è consentita la compensazione, il credito diventa non spettante, indipendentemente dall’effettiva esistenza del credito stesso. La non spettanza del credito si ha anche laddove non venga rispettata la procedura e la modalità prevista per la compensazione. In sostanza, la nozione di “credito non spettante” indizia ipotesi nelle quali la compensazione prevista in sede di pagamento unificato non appare dovuta, in armonia con il dettato normativo dell’istituto della compensazione.

9.2.1. Per la sussistenza del delitto è necessario che la somma non versata, a seguito dell’indebita compensazione, superi la somma di euro cinquantamila (50.000,00) per ciascun periodo d’imposta, considerando cumulativamente tutti i mancati versamenti relativi anche a tributi diversi, ma rientranti sempre nell’ambito del pagamento unificato.

Il delitto di indebita compensazione può realizzarsi anche durante il periodo d’imposta di riferimento e quindi si può determinare un’anticipazione della rilevanza penale della fattispecie in esame; diversamente, l’omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10 ter, si perfeziona solo con la fine del periodo d’imposta di riferimento e non prima dello spirare del termine di corresponsione dell’acconto dell’annualità successiva.

Si è posta la questione concernente i fattori da tenere presenti per ritenere la soglia integrata. Si è pronunciata sul punto l’Agenzia delle Entrate con Circolare 28/E del 2 agosto 2008, secondo la quale si possono computare gli effetti di una molteplicità di indebite compensazioni susseguitesi nel corso dello stesso anno fiscale, anche attraverso differenti modelli di pagamento.

Sotto questa ottica, il reato si delinea a condotta plurisussistente.

Il precetto in esame è riassumibile in questi termini: è doveroso versare le somme dovute a titolo di imposta ed è proibito sottrarsi a tale obbligo facendo un uso illecito dello strumento della compensazione. In dottrina si è parlato di un “indebito calcolo in compensazione”, considerando attiva la condotta del reato in commento, laddove il “non essere” sia determinato da un’azione espressamente proibita [35].

9.2.2.Coefficiente psichico del delitto in discorso è integrato dal dolo generico, analogamente a quanto previsto dagli artt. 10 bis e 10 ter elemento che distingue tali reati rispetto alle altre ipotesi delittuose contenute nel D.lgs.vo 74/2000 necessariamente caratterizzate dal dolo specifico di evasione; non è richiesto, in sintesi, il fine precipuo di evadere le imposte relativamente alle ipotesi introdotte dalla l. 311/2004 e dalla l. 248/2006.

Occorre che il soggetto attivo abbia la coscienza e volontà di effettuare versamento inferiore al dovuto a seguito dell’avvenuta compensazione nel modello F24 di un credito inesistente o non spettante, assieme alla consapevolezza che le somme non versate, in relazione a quel determinato periodo di imposta, siano superiori ad euro cinquantamila.

9.2.3. E’ configurabile il tentativo laddove il contribuente sia colto a compiere atti non equivoci indirizzati a non versare con il modello F24 somme superiori a cinquantamila euro, senza realizzare l’intento per cause che prescindono dalla sua volontà.

9.3. MOMENTO CONSUMATIVO E DIRITTO TRANSITORIO. Il delitto si consuma nel momento in cui a seguito dell’invio del modello F24 si abbia il mancato versamento di somme superiori ad euro cinquantamila [36].

La perfezione del reato si avrà al momento dell’invio del modello F24, se la presentazione di un modello che integri il disvalore del fatto, sia stata dal contribuente, in modo illecito, non versata, nella quantità di somme superiori ad euro cinquantamila.

Una seconda ipotesi è prevista quando, con il primo versamento non venga superata la soglia di punibilità ma poi a questa seguano altri mancati versamenti nel medesimo periodo di imposta; in questo caso il reato potrà dirsi consumato nel momento in cui le somme complessivamente non versate siano superiori alla ridetta soglia.

Il ravvedimento successivo da parte del contribuente, che versi il dovuto anche quando ciò avviene nell’ambito dello stesso periodo di imposta [37], consente l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 13 del D. lgs.vo 74/2000.

L’art. 10 quater si applica a partire dagli omessi versamenti avvenuti dopo l’entrata in vigore del d.l. 223/2006. Con riferimento all’anno d’imposta 2006 non potranno essere presi in considerazione i mancati versamenti avvenuti prima dell’entrata in vigore della norma.

Non si pone alcun problema di diritto transitorio o di applicazione dei principi di cui all’art. 2 c.p. in quanto si tratta di fattispecie in precedenza non sanzionate penalmente.

 

10.SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA AL PAGAMENTO DI IMPOSTE EX ART. 11 D.LGS. 10.3.2000, N. 74.

10.1. Fattispecie incriminatrice. L’art.11del D.Lgs. 74/2000 punisce, con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque“al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”. Al secondo comma è punito con la stessa pena chiunque “ al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.”.

10.2 Condotta. La norma in esame prevede al primo e al secondo comma due diverse fattispecie di reato. La condotta di cui al primo comma non richiede quale presupposto l’avvenuta instaurazione della procedura esecutiva, ma soltanto la preesistenza del debito al cui inadempimento è finalizzata la condotta fraudolenta. Le condotte tipizzate hanno contenuto elusivamente commissivo, due sono quelle descritte dalla norma: l’alienazione simulata, e il compimento di altri atti fraudolenti. Presupposto della condotta del delitto di cui al secondo comma è, invece, l’avvenuta instaurazione di una procedura di transazione fiscale a norma dell’art. 182 ter l. fall.  La condotta tipica si sostanzia nell’indicare nella documentazione presentata ai fini della transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.

10.3 Bene giuridico presidiato dal primo comma dell’articolo 11 è l’interesse dell’Erario alla percezione dei tributi. Il delitto di cui al secondo comma è posto a tutela della corretta procedura di transazione fiscale.

10.4Soggetti attivi del reato di cui al  primo comma possono essere i contribuenti obbligati al pagamento di determinate imposte ; soggettivi attivi del delitto di cui al secondo comma possono essere gli imprenditori in stato di crisi che sottoscrivono proposta di transazione fiscale. Trattasi di reati propri.

10.5. Coefficiente psichico della fattispecie di cui al primo comma è il dolo specifico di sottrarre sé stesso o il soggetto rappresentato al pagamento delle imposte. L’elemento psicologico del delitto di cui al secondo comma è costituito,invece, dal dolo specifico di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi.

10.6Momento consumativo. Il delitto di cui al primo comma si consuma al momento dell’alienazione simulata, ovvero con il compimento degli atti fraudolenti. Il delitto di cui al secondo comma si consuma con la presentazione della documentazione ai competenti uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

  1. PENE ACCESSORIE.ART. 12 D.LGS.N.74/2000.

La condanna per i reati descritti comporta l’applicazione delle pene accessorie previste dall’art. 12 del D.Lgs.vo 74/2000, consistenti in:

  1. interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;
  2. incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;
  3. interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;
  4. interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;
  5. pubblicazione della sentenza ex art. 36 c.p. [38].

 

  1. CONFISCA. ART. 12 BIS. D.LGS.N. 74/2000.

La novella normativa del 2015 ha introdotto il nuovo art. 12 bis avente ad oggetto un ipotesi di confisca obbligatoria anche per equivalente, del prezzo e del profitto del reato : “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.” In questo primo comma la norma si limita a riproporre la disposizione di cui all’art. 322 ter c.p. già applicabile ai reati tributari in virtù dell’art. 1, comma 143, della l. n. 244/2007.

Nuova invece la disposizione di cui al secondo comma secondo cui : “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.” La ratio di tale disposizione è quella di far prevalere le pretese dell’Erario su quelle ablatorie statuali in modo coerente con la previsione della causa di non punibilità per estinzione del debito tributario.

  1. CAUSA DI NON PUNIBILITA’ E CIRCOSTANZE ATTENUANTI. ART. 13 E 13 BIS D.LGS 74/2000.

Il D.Lgs.vo n. 158 del 2015 ha determinato non una semplice rivisitazione del previgente art. 13 del D.Lgs.vo n. 74 del 2000, i cui tratti essenziali sono oggi cristallizzati nella previsione di cui al successivo art. 13 bis, ma ha introdotto una causa di non punibilità.

L’articolo 13 è oggi rubricato “ Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario”. In particolare la nuova norma rende l’estinzione del debito tributario una causa di non punibilità La previsione e la sua operatività vengono diversamente disciplinate dal legislatore, con riferimento alle diverse ipotesi di reato. In sintesi :

  • per i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater comma 1, l’estinzione integrale del debito tributario assurge a causa di non punibilità se avviene prima dell’apertura del dibattimento di primo grado ;
  • per i reati di cui ali artt. 4 e 5, l’estinzione integrale del debito tributario, operabile anche attraverso l’istituto del ravvedimento operoso o con la presentazione della dichiarazione omessa, deve avvenire prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dall’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali ;

Viene altresì previsto che, se prima dell’apertura del dibattimento di primo grado il debito tributario è in fase di estinzione mediante rateizzazione è dato un termine di tre mesi, prorogabile se necessario di altri tre mesi, per il pagamento del debito residuo.

Il D.Lgs.vo n. 158 del 2015 ha introdotto l’articolo 13 bis nel corpo del D.lgs.vo 74/2000. Tale norma incorpora il previgente articolo 13 per quanto attiene alla circostanza attenuante, prevedendo che l’integrale pagamento degli importi dovuti, ovviamente fuori dai casi di non punibilità, rilevi ai fini della concessione di una diminuzione di pena.

A mente dell’art. 13 bis del D.Lgs.vo 74/2000 la pena prevista è ridotta sino alla metà (e non si applicano le pene accessorie)se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari vengano estinti mediante pagamento, “anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”.

L’estinzione del debito tributario può avvenire sia in sede penale che facendo ricorso alle procedure conciliative con l’erario; da rilevare, sin d’ora, come il ricorso al ravvedimento operoso per accedere all’attenuante in parola possa risultare svantaggioso rispetto alle forme di concordato con il Fisco delineate postea sub a., b. e c.: il ricorso alla procedura de qua costituisce, di fatto, un’autodenuncia che accelera l’iter amministrativo, prima, e penale, poi, vanificando gli effetti del decorso della prescrizione laddove il ricorso alle altre procedure, attivabili successivamente all’attivazione di procedure sanzionatorie concernenti l’evasione e, dunque, in epoca successiva, garantisce comunque l’applicazione dell’attenuante.

LE PROCEDURE CONCILIATIVE SONO:

  1. Accertamento con adesione ex artt. 2 bis e segg. D.L. 564/1994, così come modificato dall’art. 2, D.Lgs.vo 218/1997: procedura attivabile in fase precontenziosa con l’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate sin dal momento immediatamente successivo all’inizio di accessi, ispezioni e verifiche da parte dell’Ufficio accertatore [39]; la procedura “definisce il rapporto tributario prima che si instauri la lite giudiziaria e riguarda tutti gli aspetti del rapporto controverso e non è quindi ammesso un accertamento con adesione a carattere parziale” (I. CARACCIOLI/A. GIARDA/A. LANZI, cit., p. 395).

Se viene raggiunto l’accordo, l’Ufficio redige atto di adesione in duplice esemplare il cui perfezionamento si produce ex artt. 8 e 9 D.Lgs.vo 218/97 con il pagamento delle somme concordate: entro venti giorni il contribuente deve effettuare il pagamento in unica soluzione dell’intero importo ovvero della prima rata, se l’accordo prevede la rateizzazione, accompagnata da idonea garanzia del versamento delle rate successive.

L’attenuante in parola è, tuttavia, concedibile solo se “i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti […] sono stati estintimediante pagamento”, l’intero importo eventualmente rateizzato dovrà, in ogni caso, essere stato versato prima dell’apertura del dibattimento di primo grado onde consentire accesso all’attenuante in parola.

  1. Conciliazione giudiziale ex art. 14, D.Lgs.vo 218/1997: la procedura favorisce la definizione di controversia in fase contenziosa: a differenza dell’adesione all’accertamento “è possibile una conciliazione parziale ed anche su controversie sorte a seguito della presentazione di una istanza di rimborso da parte del contribuente” (I. CARACCIOLI/A. GIARDA/A. LANZI, cit., p. 399).

Il perfezionamento della definizione si produce nelle medesime forme e nei medesimi termini previsti per l’adesione all’accertamento.

  1. Acquiescenza all’accertamentoex art. 15, D.Lgs.vo 218/1997: la procedura prevede l’irrogazione di sanzioni amministrative nella misura di un quarto del minimo edittale in caso di rinuncia del contribuente ad impugnare l’avviso di accertamento e a formulare istanza di accertamento con adesione e di pagamento della somma complessivamente dovuta entro il termine per la proposizione del ricorso avanti la Commissione tributaria regionale.
  2. Ravvedimento operosoex art. 13, D.Lgs.vo 472/1997: la procedura consente al contribuente di sanare spontaneamente errori sostanziali che hanno inciso sulla determinazione del tributo, versando una sanzione ridotta ad un quinto del minimo edittale.

La spontaneità del ravvedimento è preclusa dall’inizio di accessi, ispezioni, verifiche od altre attività amministrative d’accertamento; viceversa essa “non è preclusa dall’inizio di indagini di natura penale dalle quali sia emersa notizia di violazioni fiscali, a condizione che tale avvio non derivi dall’invio diuna notizia di reato a seguito di un precedente controllo amministrativo” (I. CARACCIOLI/A. GIARDA/A. LANZI, cit., p. 402).

Il pagamento deve riguardare anche eventuali sanzioni amministrative.

L’attenuante in esame ha natura oggettiva “essendo necessario il fatto oggettivo del pagamento, anche se effettuato da persona diversa dal prevenuto” (G. IZZO, “Risarcimento del danno e riparazione all’offesa nella riforma dei reati tributari”, Fisco n. 21/2000, p. 7023).

Il riconoscimento di tale circostanza attenuante è presupposto necessario per l’applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. (art. 13 bis,comma 2).

La riforma del 2015 ha configurato al terzo comma dell’art. 13 bisun’aggravante, sempre a effetto speciale, che prevede un aumento della metà delle pene stabilite per i delitti di cui al Titolo II del D.Lgs n. 74 del 2000 ravvisabile nel caso in cui il reato sia commesso dal correo nell’attività di intermediazione  fiscale, attraverso l’elaborazione seriale di modelli seriali di evasione fiscale.

1.6.2. L’art. 14, primo comma, del D.Lgs.vo 74/2000 prevede, invece, che, qualora “i debiti indicati nell’art. 13 risultino estinti per prescrizione o per decadenza, l’imputato di taluno dei delitti previsti dal presente decreto può chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di equa riparazione dell’offesa recata all’interesse pubblico tutelato dalla norma violata”; l’effetto della attenuante in parola è il medesimo di quella ex art. 13 bis sopra citato; in caso “di assoluzione o di proscioglimento la somma pagata è restituita” (art. 14, quinto comma).

L’attenuante in discorso ha natura soggettiva: la norma indica esplicitamente l’imputato quale soggetto che può chiedere di essere ammesso al pagamento in quanto soggetto svincolato dal debito tributario ormai estinto; ne deriva che, “in caso di concorso di persone nel reato, ciascun imputato dovrà procedere ad un’autonoma riparazione dell’offesa cagionata all’Erario per ottenere il beneficio in discorso” (E. MASTROGIACOMO, Commento all’articolo 13, in I. CARACCIOLI, cit., p. 424).

  1. PRESCRIZIONE E MOMENTO CONSUMATIVO DEI DELITTI PREVISTI DAL D.LGS.VO 74/2000.

Per i reati tributari previsti dagli artt. da 2 a 10 del D.lgs.vo 74/2000, l’art. 2, comma 36 vicies semel, d.l. 13 agosto 2011 n. 138, convertito in Legge 14 settembre 2011 n. 148, ha modificato in senso restrittivo il regime della prescrizione[40].

L’art. 17 del D.Lgs n. 74 del 2000, come modificato dalla Legge 14 settembre 2011 n. 148 rubricato “interruzione della prescrizione” prevede al comma 1 bis  che “i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 […] sono elevati di un terzo” ;

La novella normativa ha determinato la scomposizione, in termini di prescrizione, dei reati previsti dal D.Lgs.vo n.74 del 2000 in due categorie:

  • quelli che si prescrivono in otto anni (sei anni base elevati di un terzo), che diventano dieci anni per effetto dell’interruzione e sono, appunto, i delitti di cui agli artt. da 2 a 10.
  • quelli che si prescrivono in sei anni e che diventano sette anni e sei mesi per effetto dell’interruzione e sono, in particolare, i delitti di cui agli artt. 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11,

Per espressa previsione dell’articolo 17, inoltre, gli atti interruttivi del corso della prescrizione sono oltre a quelli ordinari codificati all’art. 160 c.p. anche il verbale di constatazione o l’atto di accertamento delle relative violazioni.

Per quanto concerne il dies a quo, i delitti che sono incentrati su dichiarazioni fraudolente o infedeli, non possono che ritenersi consumati al momento della presentazione della stessa o, nell’ipotesi di omessa dichiarazione, dal termine ultimo per la presentazione, termine dal quale decorre la prescrizione. La prescrizione comincerà a decorrere dalla commissione del fatto per l’emissione di fatture e documenti per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e occultamento o distruzione di documenti contabili; per il reato di emissione di fatture e documenti per operazioni inesistenti, quando fattura o documento fuoriescono dalla sfera di disponibilità dell’emittente, cioè con la consegna o spedizione; per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, dal compimento dell’atto fraudolento, se questo risulti essere idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva; per il delitto di distruzione e occultamento dei documenti contabili, dal momento in cui il documento viene distrutto o occultato [41].


[1]La parola tra parentesi è stata soppressa dall’art. 2 del D.Lgs 24 settembre 2015, n. 158. Risulta così ampliato il novero delle dichiarazioni rilevanti ai fini della configurabilità del reato.

[2] Perini, voce Reati Tributari, in Dig. Disc. Pen., Torino, 2013, p.516.

[3] D’Avirro, Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, in La riforma del diritto penaletributario a cura di U. Nammucci e A. D’Avirro, Padova, 2000, p. 65.

[4] Artt. 1 e 13 D.P.R. n. 600/1973 e art. 2 D.P.R. n. 917/1986 in materia di imposte dirette ; ai fini Iva artt. 1 e 17, D.P.R.  n. 633/1972.

[5] Relazione Governativa al D.lgs.vo 10 marzo 2000 n. 74, pag. 33.

[6] Giarda, Perini, Varaso, La Nuova Giustizia Penale Tributaria, Vicenza, 2016, p. 214.

[7] Napoleoni, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, Milano, 2000, p. 87.

[8] Manna, Prime Osservazioni sulla nuova riforma del diritto penale tributario, in Riv. Trim. dir. pen. Economia, 2000, p. 127.

[9] Corte di Cassazione, Ufficio del Massimario, Rel. N. III/05/2015 del 29.10.2015 liberamente consultabile sul sito della suprema corte di Cassazione.

[10] Cass. Pen. III Sez. 6 marzo 2013, n. 19100, in Riv. Dir. Tributario, 2014, p.13.

[11] Perini, Voce reati tributari, cit., 35.

[12] Lanzi, Aldrovandi, Diritto Penale Tributario, Padova, 2014, 276.

[13] Le parole “ dovute o” sono state inserite dall’articolo 7, comma 1, lettera a) del D.Lgs 24 settembre 2015, n. 158.

[14]Introdotto dall’art. 1, comma 414, Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (così detta “Legge Finanziaria 2005”), per colmare il vuoto normativo determinato dall’abrogazione e integrale sostituzione della normativa previgente - art. 3, D.L. 83/1991, convertito in Legge 154/1991, che, a sua volta, aveva sostituito l’art. 2, D.L. 429/1982, convertito in legge 516/1982 – operata con il citato Decreto 74/2000 che aveva, tuttavia, omesso la regolamentazione delle fattispecie oggetto delle norme abrogate.

[15] Le singole fattispecie di sostituzione d’imposta sono disciplinate dal titolo III del D.P.R. 600/73.

[16] L’omesso rilascio della certificazione integra il diverso reato ex art. 5 d.lgs.vo 74/2000.

[17] Da effettuarsi, ex art. 1, primo comma, D.P.R. 322/98, a mezzo dell’invio telematico all’Agenzia delle Entrate del così detto Mod. 770.

[18] A far data dall’entrata in vigore dell’art. 1, comma 217, Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), in vigore dal primo gennaio 2008.

[19] Rubricato “Ritenute sui redditi da lavoro dipendente”; tali soggetti sono tenuti (ex art. 4, comma 4 bis, D.P.R. 322/98) all’invio all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione a mezzo presentazione del Mod. 770 Ordinario a differenza dei soggetti indicati nell’art. 29, D.P.R. 600/73 (Amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo), tenuti alla presentazione della dichiarazione a mezzo Mod. 770 semplificato, il termine per l’invio del quale ultimo è il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state effettuate le trattenute.

[20] L’omesso versamento diretto delle ritenute entro il termine fissato nel sedicesimo giorno del mese successivo a quello in cui le retribuzioni sono state erogate(ex art. 8, D.P.R. 29 settembre 1972, n. 602, così come modificato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in L. 2 dicembre 2005, n. 248, di seguito “D.P.R. 602/72”), non comporta che l’applicazione di sanzioni amministrative: in sostanza, ai fini penali, ciò che rileva è che l’intero importo delle ritenute maturato nell’anno d’imposta di riferimento venga interamente versato entro il termine di cui sub 7.2.2., rilevando ai soli fini amministrativi l’omesso rispetto dei termini intermedi, peraltro sanabile attraverso le procedure conciliative di cui sub 7.6.1..

[21]Ex D.P.R. 322/98.

[22] Salvo quanto si dirà infra in ordine alla configurabilità di responsabilità a carico del singolo amministratore non destinatario di delega al compimento di specifiche attività ricomprendenti il pagamento dei tributi o, comunque, estraneo alla gestione sociale.  Per società di rilevanti dimensioni fondamento di penale responsabilità del singolo componente del Consiglio di Amministrazione non può attribuirsi, secondo alcuni Autori,  unicamente a cagione della generica violazione dell’obbligo di vigilanza ex art. 2392, secondo comma, c.c., posto che il D.Lgs.vo 17 gennaio 2003, n. 6 e s.m.  eliminail “generale dovere di vigilanza sull’andamento della gestione dell’ente” attesa “l’impossibilità per gli amministratori di grandi società di poter vigilare concretamente sulla gestione genericamente intesa dell’ente. […] Attualmente l’art. 2392 c.c. richiama l’art. 2381 c.c. confermando così la responsabilità solidale soltanto di quell’amministratore che, pur essendo a conoscenza dei fatti pregiudizievoli posti in essere a danno della società, non abbia agito al fine di impedire il compimento degli stessi” (N. MAZZACUVA – E. AMATI, Diritto Penale dell’Economia, Padova, CEDAM, 2010, p. 346).

[23] A mente del quale sono tenuti ad effettuare la ritenuta sui redditi da lavoro “gli  enti  e  le  società  indicati nell'articolo 87, comma 1, del testo unico delle  imposte  sui  redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22  dicembre  1986,  n.  917,  le  società e associazioni indicate nell'articolo 5  del  predetto testo unico e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali,  ai  sensi  dell'articolo  51  del  citato testo unico, o imprese agricole,  le  persone  fisiche  che  esercitano  arti  e  professioni, il curatore fallimentare, il commissario liquidatore nonché il  condominio  quale sostituto d'imposta”.

[24] Soggetti esclusi nel regime previgente dal novero tassativo della norma da ultimo richiamata.

[25] L’indagine circa la sussistenza di una posizione di garanzia non può esaurirsi nella“verifica del nesso di causalità omissiva su tale posizione di garanzia; appiattimento che ha il suo terreno di coltura privilegiato sul versante della responsabilità omissiva colposa ove la posizione di garanzia tende a coincidere “con quel dovere di attivarsi che fonda la colpa nel delitto omissivo”; ciò a fronte della “totale assenza del giudizio controfattuale ipotetico in ordine alla impedibilità dell’altrui reato” (NICOLA PISANI, Controlli sindacali e responsabilità penale nelle società per azioni, Milano, GIUFFRÉ, 2003, pp. 57 – 58).

[26] Si veda sub 7.2

[27] L’art. 3, D.L. 83/1991, convertito in Legge 154/1991, che, a sua volta, aveva sostituito l’art. 2, D.L. 429/1982, convertito in legge 516/1982.

[28] Così come modificato dall’art. 42, comma 7 ter, Lettera l), D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito in L. 27 febbraio 2009, n. 14; la dichiarazione annuale dell’IVA deve essere presentata tra il primo febbraio ed il 31 luglio.

[29] Termine ultimo fissato ex art. 6, comma 2, legge 29 dicembre 1990, n. 405 (di seguito “L. 405/90”) per il pagamento dell’acconto IVA.

[30] Imprenditori agricoli.

[31] Imprenditori soggetti all’obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese in quanto esercenti:

  1. un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
  2. un’attività intermediaria nella circolazione di beni;
  3. un’attività di trasporto per terra, per acqua o per mare;
  4. un’attività bancaria o assicurativa;
  5. altre attività ausiliarie alle precedenti.

[32]I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte […] risultanti dalle denunce e dichiarazioni periodiche […] entro il giorno sedici del mese di scadenza” (combinato disposto artt. 17 e 18 D. Lgs.vo 241/97); l’art. 20, D. Lgs.vo 241/97 prevede la facoltà di pagamento dilazionato per un numero di rate da un minimo di due ad un massimo di nove della somma dovuta a titolo di imposta.

[33] Inserito nell’ordinamento penale tributario dall’art. 35, comma 7, del D.l. 223/2006, prevede una nuova fattispecie delittuosa che, in materia di violazione degli obblighi di versamento, punisce la compensazione dei debiti d’imposta con crediti non spettanti o inesistenti. La norma si applica ai tributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del D. Lgs.vo 9 luglio 1997, n. 241.

[34] Brighenti F., Novità in materria di reati tributari, in Boll. Trib., 2006, p. 1263.

[35] Martini A., Trattato di diritto penale – Reati in materia di finanze e tributi, p. 628.

[36] Soana, Il reato di indebita compensazione, in Rass. Trib., 2008,60; Rossi, Omesso versamento IVA. Indebita compensazione: artt. 10 ter e 10 quater, d. lgs. 74 ex d.l. 223/2006, in Fisco 1, 2006, 4879.

[37] Capolupo, Indebita compensazione, in Fisco 1, 2006, 7075.

[38] A mente del quale “La sentenza di condanna è pubblicata mediante affissione nel Comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso e in quello ove il condannato aveva l’ultima residenza. La sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice e nel sito internet del Ministero della Giustizia. La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza la durata è di quindici giorni. La pubblicazione è fatta per estratto salvo che il giudice disponga che venga fatta per intero; è eseguita d’ufficio a spese del condannato”.

[39] Facoltà riconosciuta in ragione del fatto che la fruizione dell’attenuante in parola è limitata temporalmente dall’apertura del dibattimento penale, che potrebbe precedere la ricezione da parte del contribuente dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con la conseguente vanificazione degli effetti premiali dell’adesione.

[40]Intervento legislativo che rappresenta passo indietro rispetto al processo di omogeneizzazione dei tempi di prescrizione dei reati tributari rispetto a quelli ordinari, una delle principali innovazioni della riforma penal-tributaria del 2000.

[41]Se si considera invece l’occultamento come un reato permanente, allora trattandosi di una situazione che permane nel tempo, il reato si consuma solo quando cessa per gli organi preposti alle verifiche l’interesse a prenderne visione ovvero quando l’occultamento venga scoperto, prima dello scadere di detto termine”. (Bellagamba e Cariti, I nuovi reati tributari, Milano, 2000, 165).

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