1. Le presunzioni tributarie assumono all’interno del processo penale mero valore di prova indiziaria. Pertanto esse, essendo prove indirette, non sono da sole sufficienti a dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell’imputato.
Questo principio risulta condiviso dalla giurisprudenza di legittimità e nuovamente confermato da una recente decisione: “le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro che diano certezza all’esistenza della condotta criminosa” (Cass. Pen., sez. III, 23 giugno 2015 n. 30890. Conforme : Cass. Pen., Sez. III, 22 maggio 2018, n. 44562) .
La pronuncia chiarisce come il regime probatorio del processo penale e quello del processo tributario non siano equiparabili poiché fondati su principi probatori radicalmente differenti. Il giudizio penale è animato dai principi del libero convincimento del giudice, della libertà della prova nonché della valenza indiretta della prova indiziaria. Secondo il dettato dell’art. 192 c.p.p. l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi non siano gravi precisi e concordanti. Da ciò discende che le presunzioni tributarie dovranno essere valutate insieme ad altri indizi gravi precisi e concordanti, ed, in difetto degli stessi, l’accertamento della responsabilità dell’imputato non potrà poggiarsi solo sugli accertamenti o sul processo verbale di contestazione.
2. La conclusione a cui è approdata la giurisprudenza tuttavia trova applicazione nei sequestri. Nel corso del giudizio cautelare reale, ad esempio per l’applicazione della misura del sequestro preventivo su un immobile, il giudice potrà convalidare la misura ablatoria se sussistono i gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p.. In questo caso le presunzioni tributarie, pur non potendo costituire delle fonti di prova, possono essere valutate dal giudice quali gravi indizi di colpevolezza idonei a giustificare l’applicazione delle misure cautelari reali.
In tale ottica si è espressa la Suprema Corte affermando che : “proprio per la loro natura di dati di fatto aventi valore indiziario, le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, ben possono essere poste a fondamento di un provvedimento cautelare reale”. In proposito va ricordato, infatti, che, ai fini della applicazione della cautela reale, non occorre che il compendio indiziario si configuri come grave ai sensi dell’art. 273 c.p.p., essendo sufficiente l’esistenza del fumus commissi delicti in concreto” ¹.
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¹Cass. Pen., sez. III, 23 giugno 2015 n. 30890.