Interposizione fittizia e confisca di prevenzione della casa di proprietà del terzo interessato acquistata anche con redditi sottratti al fisco. Cosa fare? Posso chiedere il dissequestro?
Nel caso in cui ad essere colpito da confisca sia un immobile ritenuto nella disponibilità del sospettato ma di proprietà di un terzo (hinc “terzo interessato”), occorrerà costituirsi nel giudizio di prevenzione, appunto, quale terzo interessato.
In questo giudizio che si svolge a carico del proposto (detto anche il sospettato o suspectus), ove ricorra la circostanza della non riconducibilità del bene al suspectus e l’acquisto dell’immobile sia stato effettuato con disponibilità finanziarie proprie, ancorché in parte non dichiarate al fisco, potrà essere richiesto il dissequestro della abitazione.
La Cassazione ha fissato i principi relativi all’accertamento dell’interposizione fittizia del terzo estraneo nella confisca di prevenzione ex artt. 20 e 24, D. Lgs.vo 159/2011, “abbandonando il tradizionale canone della disponibilità diretta e, soprattutto indiretta dei beni e stabilendo come:
- la disponibilità rilevante si individua in una relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà; la disponibilità coincide, pertanto, con la signoria di fatto sulla res indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato […];
- si richiede una vera e propria prova circa l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, sì che possa “affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al [proposto] e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca”. Occorre, pertanto, spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, sì da costituire prova indiretta dell'assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene;
- […] Il terzo ha solo l'onere di allegare elementi (seri e concreti) finalizzati a neutralizzare gli elementi offerti dall’accusa” [1].
Ove dunque l’accusa fallisca nel rispettare tali standard probatori l’immobile dovrà essere restituito al terzo interessato.
Più recentemente, in applicazione del principio della Sentenza Spinelli [2], si è ulteriormente raffinato il requisito dello standard probatorio ex art. 26, primo comma, D.Lgs.vo 159/2011 in tema di interposizione fittizia; si deve “esaltare, in chiave di legittimazione fondante l'ablazione, la proiezione economica della pericolosità (sono confiscabili i beni acquistati tramite utilizzo di risorse "ragionevolmente stimate" di provenienza illecita) più che la mera disponibilità di fatto dei beni in capo al soggetto pericoloso, da intendersi solo come possibile indicatore dell'impiego di risorse da lui provenienti ([…]
, laddove gli investimenti [operati dal prevenuto ] si rivelino assorbenti in tutto o in gran parte rispetto al valore del bene). Per le Sezioni Unite Spinelli è solo l'illecita acquisizione del bene (ovviamente anche per avvenuta interposizione, ma vista come frutto di risorse provenienti dal soggetto pericoloso) ad imprimere quel carattere di immanente pericolosità "della cosa" che ne giustifica, anche in chiave di equilibrio di valori costituzionali, la confisca” [3].
Resta dunque in capo all’ Accusa provare che l’acquisto dell’immobile sia avvenuto prevalentemente con provvista fornita dal suspectus - protagonista centrale del procedimento preventivo - e non con fondi del terzo interessato interposto.
Tale onere probatorio non può, poi - soprattutto quando si debba retrocedere nella ricostruzione nel tempo di diversi decenni - pesare in egual misura su accusa e terzo interessato: “non può porsi a carico del terzo, ritenuto fittizio intestatario dei beni oggetto della richiesta di confisca, l'onere di fornire allegazioni specifiche sulla propria capacità produttiva di reddito in tempi molto remoti, che eccedano la ragionevole indicazione dell'attività svolta all'epoca o di eventi specifici che abbiano determinato un incremento delle entrate, spettando all'accusa la produzione degli elementi dimostrativi della sproporzione tra il reddito e il patrimonio e della provenienza delle risorse impiegate per gli acquisti ” dal prevenuto. ” [4]
[1] F. MENDITTO, nota a Cass. Pen., Sez. VI, 31 maggio 2011 (dep. 26 luglio 2011), n. 29926, liberamente consultabile alla pagina web https://www.penalecontemporaneo.it/d/1086.
[2] Cass. Pen., Sez. Un., 2 febbraio 2015, n. 4880, liberamente consultabile alla pagina web https://www.penalecontemporaneo.it/d/4061-le-sezioni-unite-sulla-natura-della-confisca-di-prevenzione-un-altra-occasione-persa-per-un-chiarim.
[3] Cass. Pen., Sez. I, 20 settembre 2017, n. 13375.
[4] Cass. Pen., Sez. I, 20 settembre 2017, n. 13375.
Posso giustificare la sproporzione reddituale e l’acquisto di un immobile effettuato anche con proventi frutto di evasione fiscale?
Il proposto non può giustificare la sperequazione patrimoniale tra i redditi dichiarati nei periodi presi a riferimento e il tenore di vita per il tramite dell’indicazione di proventi dell’evasione fiscale (art. 24 D.Lgs.vo 159/2011).
Tale limite probatorio tuttavia non opera per il terzo interessato: “oggetto della prova (e dell’allegazione del terzo) è non l’illiceità della provenienza del bene, elemento che riguarda il proposto (su cui, infatti, grava l’onere di giustificare la legittima provenienza ai sensi dell’art. 24, comma 1, d.lgs. n. 159/11), ma la disponibilità di questo. A fronte degli elementi offerti dall’ [Accusa] circa la disponibilità fittizia del terzo, costui può allegare elementi di qualunque natura idonei a neutralizzare la prova contraria, con specifico riferimento all’effettiva titolarità del bene. Nel caso in cui sia offerta tale allegazione, viene meno il presupposto di applicabilità della misura patrimoniale nei confronti del proposto, che non può ritenersi più nella disponibilità indiretta del bene” [1].
Questo principio è ormai pacifico : “tra le attività illecite della persona sottoposta a misura di prevenzione, v'è anche l'evasione fiscale: e ciò anche se sia stata chiesta ed ottenuta l'applicazione del condono così detto “tombale”. Ma questa regola, volta a sanzionare più efficacemente chi è indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, non vale certamente per i terzi estranei, per i quali dovrà tenersi conto – ai fini di accertare la loro effettiva capacità di acquisizione del patrimonio – anche dei redditi non dichiarati al fisco, e per i quali è stato effettuato il condono” [2].
[1] F. MENDITTO, LA RILEVANZA DEI REDDITI DA EVASIONE FISCALE NELLA CONFISCA DI PREVENZIONE E NELLA CONFISCA “ALLARGATA” , Approfondimento a margine dell’Ordinanza (di rimessione alle SS.UU.) Cass. Pen, Sez. I, 12 dicembre 2013 (dep. 14 febbraio 2014), n. 7289, Pres. Cortese, Rel. Bonito, Ric. Repaci e altri, liberamente consultabile sul sito web penalecontemporaneo.it, pp. 17 - 18.
[2] Cass. Pen. Sez. II, 6 maggio 1999 (dep. 26 maggio 1999), n. 2181, Sannino, in CED Cass. 213853, cit. in F. MENDITTO, cit., nota 53.