Coronavirus e oblazione

Art. 650 c.p. oblazione ex art. 162 bis ed iscrizione nel casellario giudiziale nella normativa relativa al Coronavirus

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Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (hinc il DPCM) dell’8 marzo 2020, ora abrogato dal successivo D.L. 25 marzo 2020 n. 19, prevedeva, per le violazioni degli obblighi e dei divieti imposti dalla normativa emergenziale al fine di contenere la diffusione del COVID -19, la sanzione di cui all’art. 650 c.p.. La norma, rubricata “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, punisce chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, d’ordine pubblico o d’igiene con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.

L’art 650 c.p. costituisce una contravvenzione punita con pena alternativa di arresto o ammenda e per tale ragione rientra tra le fattispecie criminose per le quali è consentita l’oblazione facoltativa ex art. 162 bis c.p..

Ai sensi dell’art. 162 bis c.p. il contravventore può essere ammesso a discrezione del giudice all’estinzione del reato mediante oblazione.

L’oblazione è una causa di estinzione della punibilità e - a pagamento avvenuto - essa determina la estinzione del reato.

La somma versata è sanzione pecuniaria amministrativa che degrada l’illecito in “semplice torto amministrativo”. A questa visione se ne contrappone altra secondo cui l’istituto è un’esecuzione volontaria della pena.

Tuttavia a tale modalità di estinzione del reato non possono avere accesso all’oblazione ex art. 162 bis c.p. i recidivi reiterati, i contravventori abituali, né i delinquenti o contravventori professionali (art. 162 bis, terzo comma, c.p.).

Orbene, la norma in esame prevede che “Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.”

Dunque in capo al giudice permane la facoltà di decidere se rigettare o accogliere la domanda di oblazione formulata dal difensore dell’imputato:

  1. ove il giudice rigetti la domanda di oblazione, pronuncerà sentenza di condanna all’arresto o all’ammenda; tale provvedimento comparirà e sarà iscritto - una volta definitivo - nel casellario giudiziale, rientrando tra i provvedimenti giudiziali di condanna definitivi. Difatti, ai sensi dell’art 2 del T.U. sul casellario giudiziale (D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313) è provvedimento giudiziario definitivo il provvedimento divenuto irrevocabile, passato in giudicato o, comunque, non più soggetto a impugnazione con strumenti diversi dalla revocazione ; e costituisce provvedimento di condanna ogni decisione definitiva di condanna adottata dalla autorità giudiziaria penale nei confronti di una persona fisica in relazione a un reato e riportata nel casellario giudiziale ( 2, lett. g e g-bis D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313). Dunque, la sentenza del giudice, che in rigetto dell’oblazione, condanni l’imputato all’ammenda o all’arresto, costituendo provvedimento giudiziario definitivo di condanna sarà oggetto di iscrizione nel casellario giudiziale ex art. 3, D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313, ai sensi del quale si iscrivono: “i provvedimenti giudiziari penali di condanna definitivi, anche pronunciati da autorità giudiziarie straniere se riconosciuti ai sensi degli articoli 730 e seguenti del codice di procedura penale, salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 162 del codice penale, sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena.” (art. 3, lett a) D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313) ;
  2. diversamente, nel caso in cui il giudice accolga la domanda di oblazione pronuncerà sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 531 c.p.p..  La sentenza di non doversi procedere (così come quella di patteggiamento ex art. 444 c.p.p.) non contiene un accertamento del fatto storico, “ bensì si limita a statuire su aspetti processuali che impediscono tale accertamento ” ; resta dunque un provvedimento meramente processuale che non entra nel merito dell’accertamento sostanziale della vicenda. Orbene tale tipo di provvedimento giudiziale non sarà oggetto di iscrizione all’interno del casellario giudiziale, poiché non rientra tra i provvedimenti, oggetto di iscrizione, indicati tassativamente dall’art. 3 del D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313.

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